L’ UHPLC è sempre stata definita dalla performance con particele inferiori a 2µm (micrometri). Nel passato gli strumenti venivano costruiti con soglie di pressione in grado di poter lavorare con questo tipo di particelle, attorno ai 1000 Bar, ma a fronte della riduzione di particelle fino a 1.6µm, le pressioni si sono spinte fino a 1300Bar. La cromatografia liquida era chiaramente nella direzione dell’aumento progressivo di pressioni di esercizio, finchè non è stata scoperta la tecnologia Fused-Core® che ha superato i limiti imposti dalla tecnologia a particelle porose. Nonostante ciò, con i recenti sviluppi delle particelle porose, anche la strumentazione con tecnologia HPLC comincia ad avvicinarsi nell’area di applicazione della tecnologia UltraHPLC (UHPLC), offrendo con particelle da 2,7µm delle performance vicine al mondo delle particelle più piccole di 2µm, anche con pressioni di 660 Bar. Se è vero che gran parte delle applicazioni si stanno spostando verso la tecnologia UHPLC, ci si potrebbe chiedere cosa veramente distingue le due tecnologie e fornisce quell “Ultra” performance.
E’ lo strumento con la sua pressione di esercizio ? o è forse il flowrate, o la bassa dispersione e alta capacità di separazione? Una breve introduzione all’ottimizzazione dell’HPLC di Sigma-Aldrich che potete trovare qui ( http://www.sigmaaldrich.com/analytical-chromatography/video/hplc-videos/hplc-optimization.html , evidenzia quanto il fattore principale di differenza nella performance rimanga ancora la dispersione del campione, non paragonabile tra le due tecnologie, fattore limitante per risoluzione e velocità. Cliccando qui a lato troverete un documento di comparazione tra la tecnologia Fused-Core rispetto alle particelle porose.